In questo sono io che sono anomala, probabilmente. Pur essendo un tipo piuttosto vanerello, molto amante dei vestiti e dello shopping, non mi sono mai piaciuti i vestiti da sposa. O meglio, molti mi piacciono come mi può piacere un’opera d’arte, ma non me li metterei mai addosso, mi sentirei vestita da carnevale. Che fare, dunque? io in realtà in mente ho un'immagine vaga, un po' Audrey Hapburn, un po' Sandra Dee...
Ovviamente nel frattempo ad Apprendista è stato vietato anche solo di pensare ad un vestito prima che ce lo avessi io, quindi stavo bloccando tutta la situazione.
Nei negozi da cerimonia, una sposa che non ama i vestiti da sposa non è ben vista. Passi quantomeno per una strana. Le possibilità sono: abiti da sposa corti o abiti da sposa civile. I primi secondo me sono concepiti per pazze scappate dal manicomio, i secondi per povere peccatrici penitenti.
Probabilmente chi fa abiti da sposa pensa che quelle poche che cercano l’abito corto devono essere senz’altro molto eccentriche e quindi ci danno dentro con balze, pizzi che escono da tutte le parti, fiorelloni di stoffa appiccicati sul sedere e via dicendo. La sposa civile invece la immaginano come una signora attempata in seconde nozze, e quindi un tailleur castigato color panna è già troppa concessione.
“Ma io cerco un abitino … normale…” cerco di spiegare alla commessa, seminascosta dagli spuntoni di tulle che si diramano dalla gonna a palloncino dell’abito corto che mi sta mostrando.
“Eh, ma cara…. È un giorno speciale, si deve capire che sei tu la sposa”.
“Ma lo sanno tutti, ci conoscono, li invitiamo appunto noi…” cerco di spiegarle.
“Intendo anche qualcuno che passa per caso. Si deve vedere che sei tu la sposa”
“?”. Rinuncio. Rinuncio anche a dirle che con quella gonna in effetti mi riconoscerebbe anche chi per caso sorvolasse la zona su un aereo di linea. Rifiuto di fissare un appuntamento, giusto per provare come mi stanno, e me ne vado sconsolata.
Un giorno, tentar non nuoce, entro in un piccolo negozio di abiti da sposa e cerimonia vicino casa mia. Vengo accolta da un cane meticcio, e già questo mi piace molto. Dopo il cane arriva la padrona, che dopo avermi posto la fatidica domanda “e quando?” comincia a prendere in considerazione il mio caso.
Mi propone degli abitini da invitata: belli, normali, eleganti, ovviamente non bianchi. Ma ci stiamo già avvicinando: sono sensati…
Poi mi porta in uno stanzino che sembra l’officina delle fate, tutto rosa e specchi con decine di abiti da sposa meravigliosi. Nuvole preziose. Anche io che non li amo sono rimasta incantata, non riuscivo a deglutire.
“Abiti provenienti da una sfilata, venduti a meno della metà del loro prezzo. Se te ne piace uno, possiamo tagliartelo corto. E con l’avanzo ti facciamo un coprispalle, o quello che vuoi”.
Ed è così che mi sono anche tolta lo sfizio di provare gli abiti classici, da cenerentola. Alla fine ovviamente lo ho trovato: con un corpino di pizzo color avorio e una gonna svasata con tanto di strascico, perfetto per diventare l’abitino corto bon ton stile anni 50 che avevo in mente.
“Ora se vuole può venire a vedere gli abiti per lo sposo, così poi ce lo manda…” mi dice la signora mentre usciamo dal camerino. "Pensavo al blu", le rispondo. È stato lì che ho capito che "lo sposo", inevitabilmente, è destinato a perdere la sua identità per essere ridotto ad ornamento della consorte. Non so gli altri, ma Apprendista mi pare che non ne soffra molto.